Secondo i giudici di Piazza del Quirinale, determinare rigidamente l’indennizzo spettante al lavoratore licenziato ingiustificatamente, limitandosi all’anzianità di servizio, è contrario ai principi costituzionali e deve pertanto ritenersi illegittimo il disposto dell’art. 3 co. 1 del D. Lgs. n. 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti del Jobs Act, non modificato dal successivo Decreto Dignità (D.L. n.87/2018).
Più in dettaglio, nella sentenza emanata dalla Consulta – e il cui deposito si attende per le prossime settimane – la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del prestatore di lavoro colliderebbe coi principi di ragionevolezza e di uguaglianza, contrastando altresì con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della nostra Carta Costituzionale.
Il comma dichiarato incostituzionale stabilisce che: “Il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità”.
Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti, invece, sono state dichiarate inammissibili o infondate.