FINO A QUANDO IL GENITORE DEVE MANTENERE I FIGLI?

La Corte di Cassazione, VI sezione civile, con ordinanza n. 19696/19 depositata lo scorso 22 luglio, è tornata a pronunciarsi in tema di obbligo di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli maggiorenni.

La vicenda ha tratto origine da una pronuncia del Tribunale di Avellino che, nel pronunciare la separazione personale di due coniugi con addebito della stessa a carico del marito, aveva contestualmente revocato l’obbligo del padre di mantenere i due figli, ormai maggiorenni, i quali avevano già iniziato a lavorare, dimostrando una propria capacità reddituale.

Il Tribunale aveva inoltre revocato l’assegnazione della casa coniugale alla moglie, la quale proponeva quindi impugnazione avanti la Corte d’Appello di Napoli.  

In particolare, la donna sottolineava che mentre i redditi percepiti dal figlio più giovane erano molto bassi, il maggiore non aveva ancora completato la propria formazione professionale e che quest’ultimo svolgeva solo un’attività lavorativa occasionale, non idonea a consentirgli il raggiungimento di una vera e propria autosufficienza economica.

La Corte territoriale, esaminati gli atti, accoglieva il gravame. L’ex marito ricorreva quindi in Cassazione.

Con l’ordinanza in esame, i Giudici del Supremo Collegio, chiamati a pronunciarsi sul ricorso del padre, hanno richiamato innanzitutto l’indirizzo interpretativo fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità per cui l’obbligo di mantenimento del genitore consiste nel dovere di assicurare ai figli, anche dopo il raggiungimento della maggiore età ed in proporzione alle proprie risorse economiche, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente.

La prova del raggiungimento di tale grado di capacità può essere ricavata anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalle concrete esperienze maturate sul mercato del lavoro. In ogni caso, hanno precisato gli Ermellini, non può essere addossata al figlio maggiorenne la prova che, pur avendo completato il proprio percorso formativo, non riesca ad ottenere, per fattori a lui non imputabili, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa.

Tuttavia, non vanno ignorati diversi fattori come, ad esempio, il tempo intercorso dal completamento della formazione, l’età e altre circostanze che incidono sul tenore di vita del figlio maggiorenne che lo rendono di fatto indipendente dal contributo dei genitori.

“L’ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita della capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna” – ha detto la Cassazione – “la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore”. Ancora, “la successiva eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento” (cfr. Cass. n. 6509/17).

Nel caso di specie, gli Ermellini, non avendo la Corte d’appello di Napoli applicato correttamente tali principi, vista l’effettiva attività lavorativa svolta dai figli del ricorrente, l’età ormai ampiamente superiore ai 30 anni ed il tenore di vita di cui entrambi i figli godono in virtù della convivenza con la madre, hanno accolto il ricorso del padre, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla medesima Corte d’Appello in diversa composizione.

By |2019-07-24T16:46:12+01:00Luglio 24th, 2019|News|Commenti disabilitati su FINO A QUANDO IL GENITORE DEVE MANTENERE I FIGLI?

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